Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  il  Presidente   del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n.  80224030587;
Pec        per        il        ricevimento        degli         atti
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, via
dei Portoghesi n. 12, legalmente domicilia. 
    Contro la Regione  Autonoma  Valle  d'Aosta  (codice  fiscale  n.
 80002270074), in persona del Presidente  pro-tempore,  con  sede  in
Aosta, piazza Deffeyes n. 1, cap. 11100; 
    Per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
21, comma 2 della legge Regione Valle d'Aosta 11 febbraio 2020, n. 3,
pubblicata nel B.U.R n. 7 del 13 febbraio 2020 recante: «Disposizioni
collegate  alla  legge  di  stabilita'  regionale  per  il   triennio
2020/2022. Modificazioni di leggi regionali  e  altre  disposizioni»,
come da delibera del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2020. 
    Sul B.U.R. n. 7 del 13 febbraio  2020,  e'  stata  pubblicata  la
legge  regionale  Valle  d'Aosta  11  febbraio  2020,  n.  3  recante
«Disposizioni collegate alla legge di  stabilita'  regionale  per  il
triennio  2020/2022.  Modificazioni  di  leggi  regionali   e   altre
disposizioni». 
    Per quanto in questa sede d'interesse, l'art. 21  della  predetta
legge, al  comma  2,  nell'introdurre  alcune  modifiche  alla  legge
regionale 3 dicembre 2007, n. 31, prevede l'inserimento, dopo  l'art.
16 della citata legge regionale n. 31/2007, del seguente art. 16-bis: 
      «1. Fatta  salva  la  sottoscrizione  di  appositi  accordi  di
programma con le regioni interessate, e'  vietata  l'esportazione  di
rifiuti  urbani  verso   altri   ambiti   territoriali   ottimali   o
l'importazione  di  rifiuti  urbani  da  altri  ambiti   territoriali
ottimali. Sono esclusi da tali divieti i rifiuti  urbani  soggetti  a
valorizzazione certa; 
      2. Al fine di  contenere  la  movimentazione  dei  rifiuti  nel
territorio regionale, a tutela della salute e in modo da prevenire  e
ridurre  l'inquinamento  ambientale,  la  regione   disincentiva   la
realizzazione e l'utilizzo delle discariche per  il  conferimento  di
rifiuti  speciali  provenienti   da   altre   regioni   essendo,   in
particolare,  vietato  il  completamento  dei  lavori  relativi  alle
attivita' finalizzate alla gestione di tali rifiuti, ad eccezione dei
rifiuti di cui alla tabella I dell'art. 5 del  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  27  settembre
2010 (Definizione  dei  criteri  di  ammissibilita'  dei  rifiuti  in
discarica, in  sostituzione  di  quelli  contenuti  nel  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto  2005),
nelle discariche in corso di realizzazione e non ancora in  esercizio
alla data del 1° gennaio  2020.  Le  autorizzazioni  e  le  eventuali
proroghe  concesse  per  la  realizzazione  dei  lavori  di  cui   al
precedente periodo e per il conseguente esercizio delle discariche si
intendono revocate dal 15 febbraio 2020; 
      3. Per le finalita' di cui al comma 2, fermo restando l'obbligo
del  pieno  rispetto  dei  criteri  di  ammissibilita'  in  discarica
definiti  dalla  normativa  eurounitaria  e   statale   vigente,   il
conferimento di rifiuti speciali  provenienti  da  altre  regioni  e'
consentito esclusivamente nelle discariche per rifiuti inerti gia' in
esercizio alla data del 1° gennaio 2020, entro e non oltre il  limite
del 20 per cento della loro capacita' annua autorizzata; 
      4. Con deliberazione della Giunta regionale sono individuati  i
rifiuti,  soggetti  a  caratterizzazione,   derivanti   da   processi
industriali, il cui conferimento e' vietato presso le discariche  per
rifiuti inerti.» 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nelle
disposizioni supra indicate. 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 2,  della  legge
regionale Valle d'Aosta, 11 febbraio 2020, n.  3  per  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione in  materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  sotto  il  profilo  della
violazione, degli artt. 182 e  182-bis,  del  decreto  legislativo  3
aprile 2005, n. 152 (norme interposte). 
    L'art. 21, comma 2, della legge regionale Vale d'Aosta n. 3/20 e'
illegittimo  in  quanto  contrastante  con  la  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»  (art.
117, comma 2, lettera s), Cost.). 
    Tale materia,  come  noto,  e'  sempre  stata  qualificata  dalla
giurisprudenza costituzionale come «trasversale» e «prevalente»,  con
la  conseguenza  che  la  relativa  disciplina  statale   si   impone
integralmente nei confronti delle regioni, anche a statuto  speciale,
che  non  possono  contraddirla  o  derogarla.  A  tale   ambito   fa
«pacificamente» capo la disciplina dei rifiuti, spettando allo Stato,
per costante giurisprudenza di codesta Corte, la competenza a fissare
livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    La disciplina della gestione dei rifiuti e' infatti riconducibile
alla materia «tutela dell'ambiente»  e  «dell'ecosistema»,  riservata
dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  alla  competenza
esclusiva dello Stato, ferme restando per  le  regioni  ad  autonomia
differenziata le previsioni statutarie. In tale materia,  quindi,  lo
Stato puo' dettare una disciplina di protezione uniforme, valida  per
tutte le regioni e non derogabile da queste. Infatti,  il  richiamato
carattere trasversale della  tutela  dell'ambiente,  se  da  un  lato
legittima le regioni a provvedere attraverso la propria  legislazione
esclusiva o  concorrente  in  relazione  a  temi  che  possono  avere
riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non puo' costituire  un
limite alla competenza esclusiva dello Stato nello  stabilire  regole
omogenee nel territorio nazionale, per procedimenti e competenze  che
attengono  alla  tutela  dell'ambiente  e   alla   salvaguardia   del
territorio (cfr. ex plurimis, sentenze n. 215, 150 e n. 151 del 2018;
n. 244 del 2016, n. 249 del 2009 Corte cost.). 
    Costante ed esplicita e' l'affermazione del principio secondo cui
«i rifiuti  rientrano  nella  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela dell'ambiente (da ultimo sentenza n. 10  del  2009;
vedi, anche, sentenze nn. 277 e 62 del 2008) e, conseguentemente, non
puo' riconoscersi una  competenza  regionale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente (vedi sentenze nn. 10 del 2009, 149 del 2008 e 378  del
2007)» (cosi' Corte cost. Sentenza 5 marzo 2009, n. 61). 
    Codesta Corte ha  in  particolare  affermato  che  la  disciplina
statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi  comunitari,
un livello di tutela uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale, come un  limite  alla  disciplina  che  le  regioni  e  le
province autonome dettano in altre materie di  loro  competenza,  per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 58 del 2015). 
    Cio' premesso, l'art. 21 della legge regionale n. 3/20 impugnata,
nell'introdurre alcune modifiche  alla  legge  regionale  3  dicembre
2007, n. 31, al relativo comma 2, prevede l'inserimento, dopo  l'art.
16 della citata legge regionale n. 31/2007, del seguente art. 16-bis: 
      «1. Fatta  salva  la  sottoscrizione  di  appositi  accordi  di
programma con le regioni interessate, e'  vietata  l'esportazione  di
rifiuti  urbani  verso   altri   ambiti   territoriali   ottimali   o
l'importazione  di  rifiuti  urbani  da  altri  ambiti   territoriali
ottimali. Sono esclusi da tali divieti i rifiuti  urbani  soggetti  a
valorizzazione certa. 
      2. Al fine di  contenere  la  movimentazione  dei  rifiuti  nel
territorio regionale, a tutela della salute e in modo da prevenire  e
ridurre  l'inquinamento  ambientale,  la  regione   disincentiva   la
realizzazione e l'utilizzo delle discariche per  il  conferimento  di
rifiuti  speciali  provenienti   da   altre   regioni   essendo,   in
particolare,  vietato  il  completamento  dei  lavori  relativi  alle
attivita' finalizzate alla gestione di tali rifiuti, ad eccezione dei
rifiuti di cui alla tabella I dell'art. 5 del  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  27  settembre
2010 (Definizione  dei  criteri  di  ammissibilita'  dei  rifiuti  in
discarica, in  sostituzione  di  quelli  contenuti  nel  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto  2005),
nelle discariche in corso di realizzazione e non ancora in  esercizio
alla data del 1° gennaio  2020.  Le  autorizzazioni  e  le  eventuali
proroghe  concesse  per  la  realizzazione  dei  lavori  di  cui   al
precedente periodo e per il conseguente esercizio delle discariche si
intendono revocate dal 15 febbraio 2020. 
      3. Per le finalita' di cui al comma 2, fermo restando l'obbligo
del  pieno  rispetto  dei  criteri  di  ammissibilita'  in  discarica
definiti  dalla  normativa  eurounitaria  e   statale   vigente,   il
conferimento di rifiuti speciali  provenienti  da  altre  regioni  e'
consentito esclusivamente nelle discariche per rifiuti inerti gia' in
esercizio alla data del 1° gennaio 2020, entro e non oltre il  limite
del 20 per cento della loro capacita' annua autorizzata. 
      4. Con deliberazione della Giunta regionale sono individuati  i
rifiuti,  soggetti  a  caratterizzazione,   derivanti   da   processi
industriali, il cui conferimento e' vietato presso le discariche  per
rifiuti inerti.» 
    Orbene, dalla lettura di tale art. 16-bis risulta che la regione,
ai fini della tutela della salute e  di  riduzione  dell'inquinamento
ambientale, varando una serie di misure destinate alla  gestione  dei
rifiuti  sul   territorio,   introduce   (indebitamente)   stringenti
limitazioni alla circolazione e gestione dei rifiuti, in  particolare
di quelli speciali di provenienza extraregionale. 
    Nello specifico, il comma 2  del  citato  art.  16-bis  arriva  a
stabilire un «divieto di completare i lavori relativi alle  attivita'
finalizzate alla gestione dei rifiuti speciali di  provenienza  extra
regionale», con contestuale revoca delle autorizzazioni  a  tal  fine
gia' concesse. 
    Il  successivo   comma   3,   inoltre,   introduce   un'ulteriore
limitazione, concedendo la possibilita' di conferire nelle discariche
regionali  esclusivamente  alcune  tipologie  di  rifiuti   speciali,
ovvero, quelli idonei ad  essere  ammissibili  nelle  discariche  per
rifiuti inerti. 
    Infine,  il  comma  4  prevede  che  la  Giunta  regionale  possa
individuare  le  tipologie   di   rifiuti   derivanti   da   processi
industriali, il cui conferimento sarebbe vietato presso le discariche
per rifiuti inerti. 
    Alla luce di quanto sopra evidenziato, il combinato  disposto  di
cui all'art. 16-bis, in particolare i commi 2,  3  e  4  della  legge
regionale in oggetto, pur prevedendo la possibilita' di sottoscrivere
accordi di programma per lo smaltimento dei rifiuti urbani fuori  dal
territorio regionale, nella parte in cui disciplina la  gestione  dei
rifiuti speciali mediante l'introduzione di  specifiche  restrizioni,
contrasta con le norme di riforma economico-sociale introdotte  dallo
Stato  con  il  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152   (in
particolare, articoli 182 e 182-bis), in quanto stabilisce specifiche
limitazioni alla gestione e  alla  circolazione  dei  rifiuti  (anche
extraregionali), che  la  norma  statale  prevede  unicamente  per  i
rifiuti urbani, e non anche per altri tipi di rifiuti,  per  i  quali
vige  invece  solo  il  criterio  della  vicinanza  di  impianti   di
smaltimento appropriati, per ridurre il movimento dei rifiuti stessi,
correlato a quello della necessita' di impianti specializzati per  il
loro smaltimento. 
    In particolare, la  norma  regionale  -  prevedendo  un  divieto,
legato a limitazioni territoriali,  allo  smaltimento  extraregionale
dei rifiuti speciali - si pone in contrasto con quanto stabilito  dal
comma 3 del citato art. 182 del decreto legislativo n. 152  del  2006
(norma  che  riproduce  l'espressione  gia'  contenuta  nel  comma  3
dell'art. 5 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), che  non
prevede specifici divieti, pur manifestando  favore  verso  una  rete
integrata ed adeguata di impianti, per permettere lo smaltimento  dei
rifiuti in uno degli impianti appropriati piu' vicini  ai  luoghi  di
produzione o raccolta al fine di  ridurre  i  movimenti  dei  rifiuti
stessi.   Laddove   nella    disciplina    statale    l'utilizzazione
dell'impianto di smaltimento piu' vicino al luogo di  produzione  dei
rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare,  ma
ne  «permette»  anche  altre,  nella  disciplina  regionale  de   qua
costituisce la soluzione obbligata. 
    Tale  divieto  viene,  altresi',  a  contrastare  con  lo  stesso
concetto  di  «rete  integrata  di  impianti  di   smaltimento»   che
presuppone una possibilita' di interconnessione tra i vari  siti  che
vengono  a  costituire  il  sistema   integrato,   senza   ostruzioni
determinate da blocchi che impediscano l'accesso ad alcune sue parti. 
    Se pertanto il divieto deve ritenersi legittimo  con  riferimento
ai rifiuti urbani non pericolosi, in quanto e'  la  stessa  normativa
statale a prevederlo (art. 182, comma 3),  contrasta  invece  con  la
Costituzione una fonte di produzione legislativa regionale che  venga
a contemplare il medesimo divieto nei confronti degli altri  tipi  di
rifiuti di provenienza extraregionale (cfr. Corte cost., sentenza  n.
10/2009). 
    Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro  normativo
eurounitario e statale, la legge  regionale  in  argomento  si  pone,
dunque, in contrasto  con  il  parametro  costituzionale  di  cui  al
secondo comma, lettera s) dell'art. 117 della Costituzione, in quanto
essa interviene in una materia, quella della «tutela dell'ambiente  e
dell'ecosistema»,  attribuita  in  via  esclusiva   alla   competenza
legislativa dello Stato (ex multis, Corte cost., sentenze, n.  244  e
n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n.  10  del  2009),
nella quale rientra la disciplina della gestione dei  rifiuti  (Corte
cost.,  sentenza  n.  249  del  2009,  infracitata),   anche   quando
interferisca con altri interessi  e  competenze,  di  modo  che  deve
intendersi riservato allo Stato  il  potere  di  fissare  livelli  di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale (ferma  restando  la
competenza  delle  regioni  alla  cura  di  interessi  funzionalmente
collegati con quelli propriamente ambientali; tra le molte,  sentenze
n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011,  n.
225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008). 
    Tale disciplina, «in  quanto  appunto  rientrante  principalmente
nella tutela dell'ambiente, e dunque  in  una  materia  che,  per  la
molteplicita'  dei  settori  di  intervento,  assume  una   struttura
complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto  anche  alle
attribuzioni  regionali»  (sentenza  n.  249  del   2009),   con   la
conseguenza che, avendo riguardo alle diverse  fasi  e  attivita'  di
gestione del ciclo dei  rifiuti  e  agli  ambiti  materiali  ad  esse
connessi, la disciplina statale  «costituisce,  anche  in  attuazione
degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si  impone
sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina  che
le regioni e le province autonome dettano in altre  materie  di  loro
competenza, per evitare che  esse  deroghino  al  livello  di  tutela
ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze  n.
58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). 
    Ne consegue che «non puo' riconoscersi una  competenza  regionale
in materia di tutela dell'ambiente»,  anche  se  le  regioni  possono
stabilire  «per  il  raggiungimento  dei  fini  propri   delle   loro
competenze livelli di tutela piu' elevati, pur  sempre  nel  rispetto
della normativa statale di tutela dell'ambiente.»  (sentenze  n.  285
del 2013 e n. 61 del 2009). 
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 2,  della  legge
regionale Valle d'Aosta, 11 febbraio 2020, n.  3  per  contrasto  con
l'art 120, comma 1, Cost. sotto il profilo del divieto per le regioni
di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la  libera
circolazione delle persone e delle cose tra le regioni. 
    Posto quanto precede, la norma  regionale  in  esame,  nella  sua
attuale formulazione, deve ritenersi in contrasto  anche  con  l'art.
120, primo comma, della Costituzione, ai sensi del quale  la  regione
non puo' «adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo  la
libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni». 
    A tal riguardo codesta Ecc.ma Corte ha escluso  che  le  regioni,
sia ad  autonomia  ordinaria,  sia  ad  autonomia  speciale,  possano
adottare misure volte ad ostacolare  «in  qualsiasi  modo  la  libera
circolazione delle persone e delle cose fra le regioni» (sentenze  n.
10 del 2009 cit.; n. 164 del 2007; n. 247 del 2006; n. 62 del 2005  e
n. 505 del 2002) e ha reiteratamente ribadito  «il  vincolo  generale
imposto alle regioni dall'art. 120, primo comma, della  Costituzione,
che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle
cose e delle persone fra le regioni» (sentenza n. 161 del 2005). 
    Sulla base  di  tali  rilievi,  codesta  Corte  ha  ritenuto  che
numerose disposizioni regionali, le quali vietavano lo smaltimento di
rifiuti di provenienza extraregionale diversi da  quelli  urbani  non
pericolosi, fossero in contrasto con l'art. 120  della  Costituzione,
sotto  il  profilo  dell'introduzione   di   ostacoli   alla   libera
circolazione di cose  tra  le  regioni,  oltre  che  con  i  principi
fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotti  dal
decreto  legislativo  n.  22  del  1997,  e  riprodotti  dal  decreto
legislativo n. 152 del 2006. 
    Anche se l'impugnata disposizione regionale  pone,  dunque,  allo
smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un  divieto  non
assoluto, ma relativo - in quanto limitato ai rifiuti speciali -  non
viene meno l'illegittimita' costituzionale della disposizione stessa.
Al riguardo, sempre codesta Ecc.ma Corte  ha  gia'  ritenuto  che  lo
stabilire, da parte di  una  norma  regionale,  un  divieto  sia  pur
relativo e non assoluto - come  quello  del  caso  in  esame  -  «non
giustifica una valutazione diversa da quella riservata  dalle  citate
sentenze alle norme allora  scrutinate,  che  imponevano  un  divieto
assoluto» (sentenza n. 505 del 2002). 
    La legge regionale Valle d'Aosta  n.  3  del  2020,  quindi,  nel
prevedere  all'anzidetto  art.  21  comma  2,   limitazioni,   seppur
relative, all'introduzione di rifiuti speciali nel  territorio  della
Regione viola, altresi', l'art.  120  della  Costituzione,  il  quale
vieta alle regioni di adottare provvedimenti che  siano  di  ostacolo
alla libera circolazione delle cose. 
3.  Illegittimita'  per  violazione  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4, «Statuto speciale della Valle d'Aosta», articoli
2 e 3. 
    La  disposizione  oggetto  di   impugnazione,   infine,   risulta
ulteriormente illegittima in quanto eccede  le  competenze  normative
assegnate alla Regione Autonoma Valle d'Aosta  dal  proprio  statuto,
legge costituzionale n. 4/48 e successive modificazioni. 
    In  particolare,  gli  articoli  2  e  3  della  predetta   legge
costituzionale elencano le  materie  nelle  quali  la  Regione  Valle
d'Aosta e' competente a legiferare, non essendo prevista ne'  in  via
esclusiva, ne' concorrente, la materia dei rifiuti e/o  della  tutela
ambientale tout court. 
    L'art. 2 dello statuto,  infatti,  prevede  la  competenza  nelle
seguenti materie: 
      «a) ordinamento degli uffici  e  degli  enti  dipendenti  dalla
regione e stato giuridico ed economico del personale; 
      b)   ordinamento   degli   enti   locali   e   delle   relative
circoscrizioni (4); 
      c) polizia locale urbana e rurale; 
      d) agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna; 
      e) piccole  bonifiche  ed  opere  di  miglioramento  agrario  e
fondiario; 
      f) strade e lavori pubblici di interesse regionale; 
      g)  urbanistica,  piani  regolatori  per  zone  di  particolare
importanza turistica; 
      h) trasporti su funivie e linee automobilistiche locali; 
      i) acque minerali e termali; 
      l) caccia e pesca; 
      m) acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico; 
      n) incremento dei prodotti tipici della Valle; 
      o) usi civici, consorterie, promiscuita' per condomini agrari e
forestali, ordinamento delle minime proprieta' culturali; 
      p) artigianato; 
      q) industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio; 
      r) istruzione tecnico-professionale; 
      s) biblioteche e musei di enti locali; 
      t) fiere e mercati; 
      u) ordinamento delle guide,  scuole  di  sci  e  dei  portatori
alpini; 
      v) toponomastica; 
      z) servizi antincendi.» 
    L'art. 3, invece, prevede la competenza concorrente della Regione
Valle d'Aosta, disponendo che: 
      «La regione ha la potesta'  di  emanare  norme  legislative  di
integrazione e di attuazione delle leggi della  Repubblica,  entro  i
limiti  indicati  nell'articolo  precedente,   per   adattarle   alle
condizioni regionali, nelle seguenti materie: 
        a) industria e commercio; 
        b) istituzione di enti di credito di carattere locale; 
        c) espropriazione per  pubblica  utilita'  per  opere  non  a
carico dello Stato; 
        d) disciplina dell'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso
idroelettrico; 
        e) disciplina della utilizzazione delle miniere; 
        f) finanze regionali e comunali; 
        g) istruzione materna, elementare e media; 
        h) previdenza e assicurazioni sociali; 
        i) assistenza e beneficenza pubblica; 
        l) igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica; 
        m) antichita' e belle arti; 
        n) annona; 
        o) assunzione di pubblici servizi». 
    Come  emerge  ictu   oculi   dalla   lettura   delle   vincolanti
disposizioni statutarie, non  vi  e'  alcuna  previsione  che,  anche
indirettamente, possa radicare la competenza normativa della  regione
in materia di gestione dei rifiuti, non rinvenendosi  nemmeno  ambiti
di competenza in materia latamente ambientale. 
    L'art. 21, comma  2  della  legge  impugnata,  pertanto,  risulta
costituzionalmente  illegittimo  per  aver  violato   le   stringenti
competenze legislative riconosciute dallo statuto, avendo la  Regione
Valle d'Aosta approvando norme in materia sottratta  totalmente  alla
sua competenza legislativa. 
    Peraltro,  codesta  Corte  costituzionale,  in  tema  di   tutela
ambientale, ha statuito che «non e' consentito alle regioni  ed  alle
province autonome di legiferare, puramente e semplicemente, in  campi
riservati dalla Costituzione alla competenza esclusiva  dello  Stato,
ma  soltanto  di  elevare  i  livelli  di  tutela   degli   interessi
costituzionalmente  protetti,  purche'  nell'esercizio   di   proprie
competenze legislative, quando queste ultime siano connesse a  quelle
di cui all'art. 117, secondo comma, Cost. (ex plurimis,  sentenza  n.
378 del 2007)» (sentenza n. 151/2011, punto_3.1. del  Considerato  in
diritto). 
    Tale principio era stato gia' affermato da codesta Ecc.ma  Corte,
proprio con riferimento ad altre norme della stessa  legge  regionale
n. 31/07 della Regione Valle d'Aosta; in  particolare,  con  la  gia'
richiamata sentenza 5 marzo 2009, n. 61, si era esplicitato che (par.
4, lettera b) «le  regioni,  nell'esercizio  delle  loro  competenze,
debbono rispettare la normativa statale di tutela  dell'ambiente,  ma
possono stabilire per il raggiungimento dei fini  propri  delle  loro
competenze (in  materia  di  tutela  della  salute,  di  governo  del
territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.)  livelli  di
tutela piu' elevati (vedi sentenze nn. 30 e 12 del 2009, 105,  104  e
62 del 2008).  Con  cio'  certamente  incidendo  sul  bene  materiale
ambiente, ma al fine non di tutelare l'ambiente,  gia'  salvaguardato
dalla disciplina statale, bensi' di  disciplinare  adeguatamente  gli
oggetti delle loro competenze». 
    E nella medesima decisione era stato  espressamente  affermato  a
tale fine che, stante il tenore delle disposizioni statutarie,  (par.
2.1) «La Regione  Valle  d'Aosta  difetta  tanto  di  una  competenza
statutaria generale in materia di tutela dell'ambiente quanto  di  un
titolo statutario specifico in materia di rifiuti». 
    Pertanto, anche nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere
che,  nel  caso  di  specie,  le  disposizioni  dettate  dalla  legge
impugnata  non  siano  in  contrasto  con  la  normativa   interposta
richiamata,  comunque  permarrebbe  l'illegittimita'  delle  medesime
disposizioni per aver  la  Regione  Valle  d'Aosta  esorbitato  dalle
proprie competenze legislative. 
    Per i motivi esposti, si impugna dinanzi a codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale la legge della Regione Valle d'Aosta n.  3  del  2020,
limitatamente all'art. 21, comma 2,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma,  lettera  s),  in  riferimento  ai  parametri  statali
interposti dianzi citati, dell'art. 120 Cost.,  nonche'  della  legge
costituzionale 4/48 (statuto Regione Valle d'Aosta).